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“Né Washington né Mosca” è solo un ostacolo allo sviluppo del movimento sindacale oggi”.

Cari compagni!

È un grande onore per me partecipare, insieme a tutti voi, a questa conferenza della Piattaforma mondiale antimperialista. Vorrei ringraziare gli organizzatori di questo evento, i compagni del Partito della Democrazia Popolare di Corea, per averci riunito qui, oggi, in un momento che i posteri definiranno cruciale per la storia dell’umanità.

Per anni abbiamo sperato che la transizione da un mondo unipolare a uno multipolare potesse avvenire pacificamente. Abbiamo sperato che alla tirannia imperialista degli Stati Uniti d’America e dei suoi vassalli potesse subentrare un ordine mondiale basato sul rispetto del diritto internazionale, sulle relazioni di buon vicinato tra gli Stati e sul principio di non interferenza, sul commercio reciprocamente vantaggioso e sulla cooperazione win-win. L’azione progressiva dei Paesi BRICS, il cui contributo storico non va mai sottovalutato, ha fatto ben sperare in un esito positivo e incruento di questa transizione.

Ma questo non era destinato ad accadere. Il nucleo imperialista non era disposto ad accettare il crollo della sua egemonia. Ne siamo stati testimoni l’anno scorso, quando la guerra in Ucraina, a lungo preparata dalle gerarchie della NATO contro la Russia, è finalmente scoppiata. Tuttavia, l’intervento militare della Federazione Russa in Ucraina ha dimostrato anche un altro fatto: che i Paesi sovrani, i Paesi liberi, non sono più disposti a subire l’angoscia di Washington senza reagire. La Russia ha segnato un punto di partenza per tutto il mondo che cerca il multipolarismo: d’ora in poi risponderà al fuoco.

Ma è probabile che il conflitto si estenda anche ad altri scenari. Le provocazioni statunitensi su Taiwan, in violazione del Principio di Unicità della Cina, si fanno sempre più insistenti, con il chiaro obiettivo di scatenare un’altra guerra sulle sponde asiatiche dell’Oceano Pacifico. Una guerra in cui, come quella in Ucraina, gli Stati Uniti manderanno a morire in prima linea quei Paesi che, loro malgrado, sono sotto lo stivale americano.

La visita di Biden in Papua Nuova Guinea il 22 maggio non è da sottovalutare: la scelta cinese di cooperare con i Paesi emergenti non è piaciuta agli Stati Uniti, che cercheranno di minacciare il governo di James Marape, dato che quest’ultimo – pur facendo parte del Commonwealth imperialista britannico – ha scelto di collaborare strettamente con Pechino. Subito dopo Biden presiederà in Australia la riunione quadrilaterale sulla sicurezza (di cui fa parte anche l’India), a conferma del fatto che le sorti della pace o della guerra si decidono nel Pacifico. Il 24 maggio, cioè, scopriremo se l’India si sgancerà dal blocco atlantico, cercando un ritorno al non allineamento, o se accetterà di aiutare Australia, Giappone e Stati Uniti nella deflagrazione della guerra nel Pacifico. Una guerra che sarebbe poi mondiale.

L’imperialismo euro-americano sta spingendo il pianeta verso la Terza Guerra Mondiale nel disperato tentativo di salvare l’attuale ordine globale. I Paesi che sostengono il multipolarismo non vogliono questa guerra e hanno fatto di tutto, negli ultimi due decenni, per evitarla, promuovendo un cambiamento globale che esclude la guerra come strumento di regolazione delle relazioni internazionali.

La Cina sta ancora cercando di evitare questo tipo di conflitto: lo abbiamo visto con la promulgazione del piano di sicurezza condivisa del compagno Xi Jinping, segretario generale del Partito Comunista Cinese. Ma come possiamo noi, partiti politici dell’opposizione, sostenere questo piano? Collegando le nostre lotte: in questo momento sappiamo che il Partito Comunista (Italia) sta raccogliendo firme contro la NATO, lo stesso sta accadendo in Turchia grazie al Vatan Partisi, noi in Svizzera stiamo raccogliendo firme per impedire al nostro governo di aderire alle alleanze militari, e così via. Dobbiamo unirci al di là delle nostre differenze ideologiche e di classe per indebolire la NATO, ma dobbiamo farlo a livello di massa, poiché le piccole azioni non riescono a creare consenso e legittimità tra la popolazione europea. Dobbiamo cercare il dialogo con i maggiori partiti comunisti europei (come quello tedesco e quello portoghese), ma anche con organizzazioni non marxiste-leniniste, che possono essere essenziali per raggiungere il nostro obiettivo. Dobbiamo anche cercare un’alleanza con la Federazione Sindacale Mondiale e il Consiglio Mondiale della Pace.

Come ha detto il leader del Partito Comunista della Svizzera, il segretario generale Massimiliano Ay:

“Oggi siamo chiamati, come comunisti, a leggere il mondo che cambia, a individuare le sue contraddizioni, a determinare quale contraddizione è primaria e quale secondaria. Senza fare questo esercizio non saremmo all’altezza del metodo marxista: potremmo ripetere tanti bei slogan ultra-rivoluzionari e di estrema sinistra, ma non servirebbero a nulla perché sarebbero semplicemente fuori fase. La lotta di classe oggi si basa su una contraddizione primaria: l’unipolarismo atlantico (cioè l’imperialismo) attacca l’area eurasiatica guidata da Russia e Cina, cioè il multipolarismo. Su questa base leggiamo tutte le altre contraddizioni, che poi diventano secondarie”.

Purtroppo, non tutti i partiti comunisti del mondo lo capiscono. Letture semplicistiche e dannose della situazione attuale sono purtroppo comuni, anche da parte di partiti storici con una lunga tradizione di lotta. Ad esempio, le affermazioni secondo cui la guerra tra Russia e Ucraina, e il blocco NATO che la sostiene, sarebbe una guerra inter-imperialista.

Un’affermazione falsa sotto ogni punto di vista. La Federazione Russa è intervenuta militarmente in un conflitto che era già in corso in Ucraina da otto anni, innescato dal colpo di Stato di Euromaidan sponsorizzato dalla NATO nel 2014. La Russia è intervenuta per fermare la pulizia etnica contro i russi in Ucraina e per sventare i piani di ulteriore avanzamento del Patto Atlantico. E lo ha fatto solo dopo anni di tentativi di risolvere il conflitto diplomaticamente, nel quadro degli accordi di Minsk, che invece l’Ucraina e i suoi garanti occidentali hanno solo finto di sostenere. Non c’è nulla di imperialista nell’azione della Russia.

Ma anche se si è disposti a negare la legittimità delle motivazioni del Cremlino, la Russia non può essere imperialista semplicemente perché il suo stadio di sviluppo capitalistico è lontano da quello imperialista descritto da Vladimir Lenin. In breve, i comunisti che blaterano sulla natura inter-imperialista di questa guerra ignorano sia le sue profonde origini storiche e geopolitiche sia la teoria marxista-leninista di base.

La dottrina dell’equidistanza, che può essere riassunta nella massima “né Washington né Mosca”, tipica di alcune tradizioni marxiste, oggi come in passato è solo un ostacolo allo sviluppo del movimento operaio nel mondo. L’incapacità di comprendere che le nazioni capitaliste, come la Federazione Russa, possono (e svolgono) oggi un ruolo progressista non può che condurre il movimento rivoluzionario mondiale in un vicolo cieco. Chi nega il ruolo fondamentale di Russia e Cina nell’arginare l’unipolarismo statunitense, definendo Mosca e Pechino imperialiste, nega un’alternativa politica ai popoli dei Paesi emergenti. Non solo, questo approccio mette in difficoltà anche le forze progressiste all’interno dei Paesi centrali imperialisti che, senza un modello multipolare a cui aspirare, sarebbero costrette a una resistenza passiva e senza uscita.

In Svizzera è in corso un conflitto interno alla borghesia: attualmente prevale la corrente pro-NATO, che vuole distruggere la nostra neutralità intensificando il riavvicinamento al Patto Atlantico. Tuttavia, il Partito Comunista, il Movimento Svizzero per la Pace e l’ultranazionalista Partito Popolare Svizzero stanno lavorando a modo loro per inserire la neutralità integrale nella Costituzione federale. Ovviamente, la sfida è grande perché la credibilità diplomatica della Svizzera, dopo l’adesione alle sanzioni europee contro la Russia, è completamente crollata, e anche perché i socialdemocratici e gli ecologisti hanno tradito i loro principi pacifisti originari e ora chiedono l’esportazione di armi in Ucraina, fomentando giorno dopo giorno la russofobia. Il Partito Comunista è ora chiamato a collegare il patriottismo delle masse lavoratrici, che vogliono la neutralità, con l’internazionalismo comunista, affinché la difesa della sovranità nazionale non si trasformi in chiusura ed egoismo. Purtroppo anche nel movimento pacifista emergono delle contraddizioni: una buona parte ha ceduto alle mode liberali e di fatto legittima la narrazione dominante ostile alle nazioni antimperialiste, mentre l’altra parte (che condivide le nostre idee) è spesso ancora influenzata da tendenze piccolo-borghesi che enfatizzano le contraddizioni – pur vere – sulla storia della neutralità svizzera. È di estrema importanza sapere che la borghesia non è monolitica: da ciò deriva che dobbiamo imparare ad allearci tatticamente con quelle borghesie che vogliono il multipolarismo e non vogliono obbedire alla NATO.

In Svizzera (e in realtà nella maggior parte dei Paesi del mondo) non siamo ancora nella fase della rivoluzione socialista, ma in quella dell’aggregazione di tutte le forze politiche che possono lavorare per lo stesso obiettivo. Il Partito Comunista Cinese lo ha capito con le riforme e l’apertura di 40 anni fa, che hanno permesso di sviluppare al massimo le forze produttive. Questo rende a sua volta possibile oggi, per un Paese fondamentalmente socialista come la Cina, avere la forza di contrastare il blocco atlantico. Noi che non siamo partiti di governo, invece, dobbiamo sviluppare al massimo il nostro fronte unito di forze politiche veramente patriottiche, evitando il settarismo e accettando che la borghesia non è monolitica e quindi possiamo sfruttare le sue contraddizioni interne. Dobbiamo sempre tenere presente la differenza tra strategia e tattica.

Comprendere l’attuale fase storica, e di conseguenza sviluppare adeguate strategie di lotta, è forse il compito principale di ogni autentico rivoluzionario. E l’attuale fase storica vede come contraddizione principale lo scontro tra l’egemonia imperialista euro-americana e l’ordine multipolare eurasiatico, non quello tra Paesi capitalisti e Paesi socialisti. Leggere la realtà sulla base di quest’ultimo dualismo significa essere rimasti fermi alla fase storica precedente, quella della guerra fredda. Fraintendere la fase attuale non può che portare a risultati catastrofici. Al contrario, la giusta valutazione della contraddizione primaria della nostra epoca è la chiave del successo della lotta di classe nel XXI secolo.

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